Gaiamuffin

mercoledì, settembre 27, 2006

Il grasso Cesare Beccaria

Deve'essere il mese delle reazioni emotive alle notizie.
Oggi "Silvia Baraldini torna libera grazie all'indulto" mi fa arrabbiare. Perché si tratta di una donna condannata negli Stati Uniti a 43 anni di reclusione per reati di "eversione" -e se li chiamassimo di "terrorismo "oggi? - e consegnata all'Italia qualche anno fa perché potesse scontare la pena nel suo Paese (benché i reati siano stati tutti commessi negli Stati Uniti).
La consegna di Silvia Baraldini fu una specie di ricompensa per l'impegno italiano in quella guerretta nel Kosovo. Una consegna che è stata per anni rifiutata proprio per scarsa fiducia nel sistema giudiziario italiano.
Così mi fa arrabbiare (io lo ammetto, sono contraria ad ogni provvedimento straordinario di giustizia, che si chiami indulto o amnistia o grazia) che una persona condannata a 43 anni venga scarcerata e che per far questo venga violato -magari solo aggirato- un accordo con un Paese straniero. E mi fa arrabbiare il fatto che mi trovo ad esser d'accordo con Gianfranco Fini (con Fini!) perché questo provvedimento infanga ancora una volta il principio di certezza della pena.
Per smettere di immaginarmi a prendere un caffé con Fini, io ho deciso che sono semplicemente d'accordo con Cesare Beccaria e la sua idea di sistema giudiziario "Dei delitti e delle pene". In cui è scritta la grande idea che farebbe funzionare qualsiasi sistema giudiziario: è la certezza, non la durezza, a rendere efficace la pena.

Beccaria era un uomo triste, durante la sua vita era afflitto dalla sua eccessiva pinguedine. Era grasso insomma. Mentre ascolta i suoi discendenti, mi immagino che faccia un po' fatica a rivoltarsi nella tomba. Ma di sicuro si muove parecchio.